“I RAMI”
Le tradizioni popolari non possono sradicarsi dalla vita di un popolo, ma spesso ne evidenziano i tratti culturali più profondi e caratteristici. Tutte le manifestazioni e i comportamenti, a volte inspiegabili, che si esternano nella società attuale potrebbero trovare la loro spiegazione nei riti più reconditi e ancestrali di un popolo.
Se si vuole conoscere la sua realtà quotidiana bisogna indagarne il comportamento di tutti i suoi strati sociali, perché solo così ci si può spiegare come siano avvenute certe trasformazioni, siano esse sociali, culturali, politiche o etiche.
Cultura di un popolo non è solo la produzione letteraria ed artistica di una élite, ma piuttosto il complesso del realizzarsi dei fenomeni antropologici che in maniera diversa si manifestano, di conseguenza alcune tradizioni popolari troinesi, oltre a manifestare una matrice autoctona, prettamente indigena, rivelano un substrato culturale vario e complesso derivante, quasi sicuramente dalle molteplici culture che si sono succedute nella storia di Troina, come del resto della Sicilia con il susseguirsi delle varie dominazioni.
Si possono così riscontrare nelle varie feste folkloristiche aspetti diversi che si richiamano ora alla cultura pre-cristiana, ora a quella cristiana nelle varie sfaccettature: greca, romana, bizantina, araba, normanna, spagnola.
A tale proposito il Pitrè afferma: “...fu detto e ripetuto che la maggior parte delle credenze e degli usi popolari di oggi sono né più né meno credenze ed usi antichissimi venuti a noi con le teogonie di Grecia e Roma“.
Se esaminiamo gli usi, le credenze, i riti, le feste popolari della zona di Troina e Nebrodense, l'entroterra in genere, quelli dell'area geografica della Magna Grecia, ci accorgiamo che è estremamente difficile separare quanto di sacro e di profano vi sia in essi e,se vogliamo scendere nei dettagli, non è sempre agevole dividere ciò che proviene dalla civiltà greco-romana da ciò che deriva da quella cristiana. Ciò che per noi, per la nostra formazione culturale giudichiamo profano, per la civiltà pre-cristiana era sacro e profondamente religioso.
Di conseguenza si può affermare che nel nucleo più recondito di ogni tradizione popolare si nasconde un embrione di religiosità, sia essa nella manifestazione più primitiva e animistica che in quella più razionale. Questo aspetto si evidenzia, in modo particolare, nei riti delle feste dei “ RAMI “ e “ DDARATA “, nei quali il substrato religioso-pagano, anche se strettamente connesso e intrecciato all'apparato cristiano, è facilmente isolabile e ricostruibile.non è forse da ricollegare ad un rito iniziatico pagano la prova di forza che emerge nel portare la "RAMA" adornata? (Una volta si portava dai boschi) o nel cavalcare e domare qualche cavallo bizzarro? Mito e rito si mescolano e si uniscono per rigenerarsi in forme nuove ed attuali.
Notevole è l'apporto pagano a queste tradizioni. Il fatto che, per esempio, la sua celebrazione coincida con l'inizio della primavera è da collegarsi ad un rito di rigenerazione nella natura e della vita legati al ciclo delle stagioni.
Analizziamo da vicino tutta la simbologia che c'è nelle due feste:
■ Alloro: Albero dei paesi dell'area mediterranei sacro al culto del dio Sole, Apollo. Il mito delle metamorfosi in alloro della sua amata Dafne doveva spiegare l'unione del dio col mondo vegetale. Col suo aiuto Apollo pronunciò vaticini, purificò se stesso, dopo l'uccisione del serpente e drago Pitone, e Oreste dopo l'uccisione della madre Clitennestra. Alle foglie d'alloro si attribuì non soltanto una virtù terapeutica, ma anche il potere di purificare l'anima dalle sue macchie. I boschetti di alloro circondavano i santuari di Apollo; la sacerdotessa Pizia dell'oracolo di Delfi, masticava foglie di alloro quando saliva sul treppiede ornato dai ramoscelli dell'albero sacro. L'alloro era inoltre sacro a Dionisio, dio dell'estasi, e nella Roma antica anche a Giove. Simbolicamente, indicava la pace raggiunta dopo la vittoria sui nemici. I messaggi e le armi della vittoria venivano cinti di ramoscelli d'alloro e adagiati in grembo all'effigie di Giove. Ritualmente questi ramoscelli purificavano il sangue versato. Secondo la leggenda l'alloro era l'unico albero tra tutti quelli piantati dall'uomo a non essere mai colpito dal fulmine. Durante i sacrifici venivano bruciati ramoscelli di alloro, il cui crepitare era considerato un segno propizio. Le corone di alloro e i ramoscelli venivano rappresentati su monete e pietre preziose come attributi di Giove e Apollo. Anche il cristianesimo tenne in gran conto le foglie d'alloro per la natura sempre verde, come simbolo della vita eterna, in modo particolare della nuova vita dischiusa dall'avvento redentore di Cristo. Nei secoli la figura allegorica di Nike (Victoria), dea della Vittoria, è stata rappresentata mentre tiene in mano la corona d'alloro che porrà sul capo degli eroi vittoriosi. L'alloro nelle nostre feste rappresenta la perennità della vita.
■ Boschetto: Mentre la foresta oscura simboleggia la paura ignota dell'uomo dinnanzi alla natura ignota e selvaggia, il boschetto circoscritto nella sua estensione che può consistere anche soltanto di pochi alberi, rappresenta un luogo di raccoglimento e di quieto incontro con potenze ed esseri sovrumani. Nel boschetto di Domna, in Epiro, si venerava Zeus, il quale esprimeva la sua volontà sotto forma do oracolo attraverso lo stormire delle quercie, a lui consacrate. Nell'antica Roma era noto il boschetto sacro di Ariccia presso il lago di Nemi; esso era consacrato a Diana aricìna e un sacerdote ne sorvegliava gli alberi. Tali boschetti offrivano spesso protezione ai fuggitivi. E' accertato che anche per Celti e Germani essi rappresentavano luoghi sacri, in cui gli dei si rivelavano. Compiuto il passo che porta dalla foresta selvaggia alla natura dominata e coltivata, ci si avvicina nella scienza dei simboli, al giardino. Il boschetto è alla portata di tutti. I “Ramara“ ne sono consapevoli della sua sacralità.
■ Foresta: La foresta rappresenta simbolicamente un mondo alternativo a quello della terra coltivata dall'uomo. Spesso compare nelle sagre e nelle favole ed è popolata da esseri misteriosi quali streghe, draghi, giganti, gnomi, leoni, orsi, lupi, ecc., tutti personaggi che incarnano quei pericoli che il giovane deve affrontare al momento dell'iniziazione: alla fin e superate le prove, diventerà un vero uomo. L'immagine risale a quelle epoche nelle quali le foreste ricoprivano amplissime zone del mondo e le superfici da coltivare dovevano essere strappate con fatica alla natura... Per molti uomini spirituali, la foresta divenne luogo di solitudine e di isolamento dalle preoccupazioni del mondo abitato. Gli eremiti non temono i pericoli della foresta, anche perché sono protetti da forze superiori... I “Ramara” si recano alla foresta inconsapevoli, soprattutto i giovani novizi che non conoscono i pericoli che potrebbe riservare. Per tanti rappresenta l'avventura, il mistero.
■ Fuoco: È l'elemento che sembra avere vita propria poiché brucia, scalda e illumina, ma può anche portare dolore e morte; l'interpretazione che ne è stata data è dunque sempre caratterizzata da una forte ambivalenza. Spesso lo si ritrova in qualità di simbolo del focolare domestico. Ha anche simboleggiato lo Spirito Santo che, sotto forma di lingue di fuoco, ispirò gli Apostoli durante la Pentecoste; inoltre, l'accensione del nuovo fuoco la vigilia del 17 gennaio per Sant'Antonio abate e per l'Ascensione è un importante atto sacrale diffusissimo ancora oggi nell'area mediterranea. Il fuoco possiede la proprietà di purificare bruciando; esso annulla e distrugge il male e, tra l'altro è in grado di cancellare ogni minimo residuo corporeo delle streghe o di altri esseri demoniaci;purifica inoltre dalle colpe commesse secondo il cattolicesimo. La recita dei canti intorno al fuoco ha sicuramente questa funzione che è duplice: una quella del ringraziamento dell'avvenuta purificazione toccando l'alloro, l'altra bruciano le colpe commesse.
■ Acqua: L'acqua rappresenta, in molti miti la creazione del mondo, la sorgente di ogni forma di vita, ma anche un elemento di dissoluzione e di annegamento. Nell'iconografia cristiana l'acqua svolge in prevalenza la funzione di elemento purificatore che nel battesimo lava la macchia del peccato... E' simbolo propizio il fiume che scorre e rappresenta, come in molte fiabe, un vero e proprio "elisir di lunga vita".
■ Pellegrinaggio: È una consuetudine religiosa consistente nel raggiungere un luogo sacro per mezzo di un solenne viaggio collettivo. I pellegrini si avvicinano gradualmente alla meta, il cui raggiungimento deve culminare in un'atmosfera di profonda e particolare emozione. Bisogna naturalmente muovere dalla premessa che certi luoghi siano solenni e sacri. Nell'antica Grecia, per esempio, i seguaci del culto misterico lasciavano Atene e andavano in solenne pellegrinaggio fino ad Eleusi, presso il santuario di Demetra, e il pellegrinaggio aveva il senso di un rito d’iniziazione ai misteri. Nel mondo cristiano, i pellegrinaggi verso celebre località acquistano un'importanza quasi equivalente a quella che per i Musulmani ha il pellegrinaggio alla Mecca. Nelle processioni e nei viaggi propiziatori suggeriti dalla chiesa, si esprime il desiderio di professare pubblicamente la propria fede religiosa, al di fuori del circoscritto spazio del tempo, e così pure quel bisogno di rappresentazione spettacolare che induce ad una particolare forma d’ostentazione. Come per esempio la processione della Resurrezione che si tiene a Pasqua o della festa del Corpus Domini (Corpo del Signore), introdotta nel 1264 da Papa Urbano IV come festa della “processione“ solenne, il cui tema è la presenza di Cristo nel sacrario, dell'Ostia consacrata nell'Ostensorio.
■ Ponte: Simbolo del passaggio, il ponte sostituisce il barcaiolo che ha il compito di traghettare le anime. Il gettare un ponte tra il mondo quotidiano e l’aldilà costituisce un'esperienza di vita talmente efficace che, per mettere in comunicazione i due regni, occorre qualcuno che costruisca questo ponte (pontifex, che in latino significa sacerdote). Ma i ponti non limitano a mettere in collegamento; possono anche raffigurare simbolicamente il passaggio ad una nuova forma di esistenza che si può affrontare soltanto mediante riti di passaggio accuratamente predisposti. Espressioni come “rompere tutti i ponti dietro di sé; cercare di gettare un po' di fuoco vitale". L'usanza, consueta in alcune culture (Dionisio -Bacco), di un eccessivo consumo di vino, aveva la sua spiegazione nel culto, giacché provocava l'unione con la divinità dell'ebbrezza. Il vino doveva spezzare ogni incantesimo, smascherare le bugie (in vino veritas...). Bevuto nelle giuste dosi allevia la stanchezza; diventa bibita propiziatrice e genera energia durante il cammino.
■ Verde: Nella simbologia popolare significa il fiorire della speranza. Dove spunta il verde, vi è semplicemente natura, crescita spontanea... esperienza della primavera. Se per esempio, il diavolo appare "verde", allora vuole dire che è rimasto un "antico dio della vegetazione“. Mentre la simbologia cristiana considera questo colore “un colore intermedio e mediatore, rassicurante, rinfrescante, umano, il colore della contemplazione, dell'attesa della risurrezione". I "Ramara" nell'inconscio collettivo non hanno mai considerato quest’aspetto che è peculiare nell'istituto delle due feste.
■ Pane: Acquisita la conoscenza della coltivazione dei cereali e della tecnica della cottura, il grano è diventato per tutti i popoli l'alimento più importante. Nell'antico oriente il pane non era tagliato ma spezzato, e l'atto dello “spezzare il pane“ esprimeva in senso figurato il fatto di “mangiare insieme“, di consumare insieme il pasto. Questo fanno pellegrini “Ramara“ andando ai boschi. Consumare in comune il “pasto“, fare cioè àgape=banchetto collettivo e fraterno come ai tempi dei primi cristiani. A questo pasto fu dato il significato spirituale di un'azione sacra, e i dodici pani esposti nel tempio di cui parla l'Antico Testamento, diventano i simboli del nutrimento spirituale. Nel Nuovo testamento si parla del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Poiché l'uomo non vive di solo pane (materiale), il “pane della vita“ dell'eucaristia quando gli si associa il vino diviene il nutrimento dell'anima...Fu paragonato nella tradizione simbolica alla faticosa vita dell'uomo, il cui fine dovrebbe essere la consacrazione in cielo. Era usanza popolare benedire col segno della croce ogni fetta di pane appena tagliato; e i contadini Troinesi all'antu prima di iniziare a tagliare un pane effettuavano questo rito.
■ Uovo: Il suo contenuto simbolico ha diverse caratteristiche: è per lo più bianco, fragile, da esso nasce una nuova vita e la sua forma ricorda quella dei testicoli. Di molti eroi si narra che non siano stati partoriti, ma siano usciti da un uovo: i Dioscuri Castore e Polluce (l'uovo di Leda, che Giove aveva resa gravida sotto forma di cigno). Generalmente l'uovo è considerato il simbolo di un seme primordiale da cui successivamente sarebbe nato il mondo. In ambito cristiano si trova il paragone fra Gesù, che risorge dalla tomba, e il pulcino, che esce dal guscio. Molte usanze a sfondo simbolico hanno per oggetto l'uovo, per esempio il simbolo primaverile dell'uovo di Pasqua come segno di risveglio della fertilità naturale, e inoltre, in relazione al legame con la risurrezione.
■ Asta: Un Ramo, per lo più un tronco piantato nella terra, che in molte culture antiche simboleggia l'asse del mondo; in altre circostanze è rappresentato come una montagna posto al centro oppure come un albero eretto nel mezzo del globo terrestre. Queste colonne di legno sono in primo luogo segni dell'unione di cielo e terra. Anche “l'albero di maggio“ o “l'albero della cuccagna“, ben noto nell'Europa centrale come segno delle forze che in primavera manifestano il risveglio della natura, va messo in relazione con l'idea di un pilastro del mondo, e le persone che vi si arrampicano incarnano il desiderio di un “premio superiore“ (su/giù). Nella festa dei “Rami“ la simbologia è evidente e si vede nell'asta addobbata, e che dal punto di vista psicanalitico, il ramo rappresenta il fallo. La rappresentazione della bambola in cima all'asta: la donna, che insieme all'asta raffigurano l'unione e la fertilità.
■ Tamburo: "U tammurinu" è lo strumento che in passato si univa alla vita pubblica, alle feste religiose popolari , ai giochi della gente troinese , e ancora oggi ( anche se non ci sono suonatori di Troina), non è scomparso. Si univa alla vita pubblica nei bandi, attraverso i quali le volontà di chi deteneva il potere, nelle sue varie gerarchie: dal Sovrano al Barone, dal principe al capo del comune, si manifestava a tutti i cittadini. Nelle feste religiose il "tammurinu" unisce il suo battito in un numero grandissimo di ritmi processionali, fra i quali assumono maggior rilievo quelli della festa dei "Rami" e "Ddarata". Bisogna ricordare le "tammuriniate" che annunziano la festa come la sera di giovedì della penultima domenica di maggio per i rami e quelle (oggi non più) che risuonano durante l'esposizione del SS. Sacramento e quelle che salutano l'elevazione dell'Ostia durante la messa. Ai giochi il "tammurinu" appresta il ritmo, aiuta lo slancio, eccita la destrezza, commenta l'azione. Sovente anima le fiaccolate e serve per tenere sveglio lo spirito ed allontanare il male dalla propria comunità. Il "tammurinu" col suo ritmo nelle feste dei "Rami" e "Ddarata" regola e facilita la marcia dei pellegrini durante il viaggio e la processione in paese e trasforma la festa in un rito. Al ritmo alacre e leggero sospinge nel giro per la città il corteo dei fedeli e richiama nei crocicchi gente curiosa per sentire il rullo del tamburo. "U tammurinu quannu sona furra chi palla". La gente ne sente la potenza suggestiva, dice al popolo di accorrere per assistere e partecipare alle feste che ricorrono.
Basilio Arona Giugno 1996